Sono ormai trascorsi cinque anni (era il 18 aprile 2007) dall’assegnazione di Euro 2012 alla coppia Polonia-Ucraina: una decisione epocale, che apriva definitivamente le porte del calcio al crescente Oriente, e che faceva imprecare l’Italia, entrata in conclave (leggi votazioni) da Papa ed uscita da Cardinale. Ed in effetti il dossier presentato dalla delegazione azzurra era assai più convincente rispetto a quello delle nazioni vincitrici: ma si sa come vanno le cose in questi casi, ed i successivi scandali per l’assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022 ne sono stati puntuale conferma. A conti fatti, però, è andata meglio così: immaginate quanto sarebbe stato difficile ospitare una manifestazione del genere in giorni come questi in cui il calcio nostrano è travolto da una polemica al giorno, senza contare il sanguinoso dispendio di fondi, anche se a quei tempi la crisi non era ipotizzabile. Ma immaginate soprattutto cosa sarebbe successo da noi se fosse stato deliberato quanto deciso nelle scorse ore in Ucraina, ovvero che a Kiev, Leopoli, Kharkiv e Donetsk, le quattro città che ospiteranno le partite, non si dovrà lavorare negli orari delle gare: quindi uffici e negozi chiusi, per decisione del consiglio dei ministri ucraino.
Per una volta, evidentemente, erano tutti d’accordo a differenza di quanto successo settimana scorsa quando una discussione apparentemente secondaria in Parlamento (riconoscere il russo come lingua ufficiale) è stata il pretesto per scatenare una furibonda rissa. Ma perché una simile delibera? Forse per non distogliere l’attenzione dei telespettatori dall’evento? Più probabilmente per evitare che le strade si riempiano dei (tanti) tifosi che non potranno vivere le gare direttamente dagli stadi. Evidentemente se lo possono permettere, anche se le giornate perdute saranno recuperate il sabato. Beati loro: ma non troppo, visto che per il resto il quadro complessivo del paese non è certo incoraggiante. Le due nazioni ospitanti infatti arrivano all’appuntamento in situazioni opposte: ottimismo (ma disinteresse crescente degli sportivi) in Polonia, dove la macchina organizzativa si è mossa per tempo, un sorriso tirato in Ucraina dove molti dettagli sono stati sistemati all’ultimo momento. Inevitabile per una nazione pronta dal punto di vista economico ma non da quello organizzativo e soprattutto da quello politico. Impossibile non pensare alla tensione che si respira nel paese per il caso-Tymoshenko, specchio dell’instabilità di una nazione ancora ben lontana dalla vera Europa.
L’ex leader dell’opposizione è tuttora detenuta e dopo il frastuono delle settimane scorse, quando anche Angela Merkel, dopo il presidente Ue Barroso, aveva minacciato il boicottaggio in caso di mancata liberazione, ci si è ormai arresi: la biondissima Yulia non verrà liberata prima del via della manifestazione, ma tutti chiuderanno un occhio. In fondo abbiamo visto di peggio, a partire dalle Olimpiadi in Cina dove i diritti umani sono un optional, ma sono ancora nelle orecchie di tutti le ultime denunce della Tymoshenko prima di essere rapita: ovvero prove documentali che testimonierebbero le corruzioni dell’organizzazione. Rispetto agli 800.000 euro preventivati, la spesa complessiva sarebbe stata di 8 milioni ed il 30% di essi sarebbe stato speso in tangenti. Ecco, anche, perché la Timoshenko è ancora nelle mani dei rapitori.
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