Sull’altalena dei risultati – Italia ai Mondiale 2014

Ottavi di finale, Campioni, e primo turno. Questo l’andamento a dir poco schizofrenico dell’Italia nelle ultime tre edizioni del Campionato del Mondo, cui va aggiunta anche la finale dell’Europeo, ottenuta appena due anni dopo l’imbarazzante eliminazione da campioni in carica subita al Mondiale 2010 ad opera di Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda. Un’onta difficile da lavare quella vissuta in Sudafrica, sebbene il fatto che molti dei protagonisti di quella débacle fossero stati tra i protagonisti quattro anni prima dell’inatteso trionfo in Germania fa pendere la bilancia dei demeriti soprattutto su Marcello Lippi, deciso a puntare per riconoscenza su un gruppo di giocatori evidentemente giunto a fine corsa almeno in ambito internazionale, ripetendo di fatto il medesimo errore commesso da Enzo Bearzot tra il 1982 e l’86. Ma è opinione diffusa tra gli addetti ai lavori internazionali che dal luglio 2012 l’Italia calcistica abbia cambiato pelle, almeno come Nazionale. Il lavoro capillare svolto da Cesare Prandelli ha infatti permesso uno storico cambio di mentalità, in verità più apprezzato all’estero che entro i patrii confini dove, nel rispetto della tradizione un po’ masochistica tutta italiana, i pur evidenti progressi nel gioco e soprattutto nella mentalità vengono messi in secondo piano dalle lotte di quartiere dei e tra i club, invidie e l’inevitabile tifo contro.

La forza del gioco

Eppure, con l’eccezione appunto del disastroso 2006, non sono tante le Nazionali che sono riuscite a superare l’Italia nell’ultimo lustro. Essenzialmente due, il Brasile e la Spagna tra Europeo 2012 e Confederations Cup. Competizioni in cui l’Italia ha mostrato una capacità quasi unica nella storia di cambiare pelle a livello tattico anche a partita in corsa, riuscendo a imbrigliare i Campioni di tutto in due partite su tre. Per questo l’Italia si presenterà in Brasile con buoni argomenti e una discreta dose di fiducia, nonostante un girone sulla carta infido, l’unico che comprende tre squadre capace di vincere almeno un Mondiale nella propria storia, Uruguay e Inghilterra, oltre a una Costa Rica mina vagante potenzialmente imprevedibile. Una fiducia cementata dalla superiore qualità media della rosa a disposizione di Prandelli, pur costretto a condividere con il collega inglese Hodgson le difficoltà nel reperimento di calciatori indigeni all’interno di campionato sempre più dominato dai calciatori stranieri e, limitatamente alla Serie A, alle prese con un livellamento tecnico verso il basso esemplificato dalle difficoltà vissute dalle squadre italiane nelle Coppe europee. Altro elemento a favore dell’Italia è il fatto di aver già affrontato tanto l’Inghilterra che l’Uruguay durante l’ultimo biennio, rispettivamente tra Europeo e Confederations Cup, esprimendo una complessiva superiorità nel gioco, addirittura schiacciante rispetto agli inglesi. Perché è un fatto che da un paio d’anni il pallone rotoli al contrario: meno calcio speculativo, meno paura dell’avversario, più pressing, possesso palla e voglia di imporre il proprio stile di gioco, che in verità ha storicamente poco d’italiano, ma che sembra adattarsi alla perfezione agli interpreti a disposizione di Prandelli.

Italia al Mondiale 2014: le stelle della squadra

In poche parole il motto degli ultimi due anni azzurri sta in quel “centrocampo roteante” su cui il c.t. ha cominciato a lavorare fin dal primo giorno. Attorno alla chioccia Pirlo, ecco allora muoversi De Rossi, Montolivo, Marchisio e all’occorrenza Thiago Motta e Verratti, tutti potenziali registi, tutti in possesso di doti tecniche eccellenti per illuminare il gioco, ma anche addormentarlo quando serve, senza trascurare le eccellenti doti in interdizione. Logico allora che le speranze di fare più strada possibile in Brasile poggino per gli azzurri proprio sulla caratura e sulla duttilità del settore centrale del campo, oltre che sulla proverbiale solidità difensiva, favorita dall’affiatamento del blocco di giocatori della Juventus, da Buffon a Chiellini passando per Barzagli e Bonucci, è unica squadra di vertice da cui il c.t. azzurro può attingere a piene mani in mezzo alle tante multinazionali che popolano la Serie A. Molto minori sono le certezze che provengono dall’attacco, dove non a caso Prandelli ha spesso cambiato le carte in tavola. Una prima punta e due esterni, un centravanti e un secondo attaccante più veloci, o il classico trequartista alle spalle di due punte, il punto fermo dovrebbe essere rappresentato da Mario Balotelli, la cui proverbiale discontinuità però non fa dormire sonni tranquilli al c.t., e non induce a sperare che il centravanti possa bissare la serata di gloria vissuta a Euro 2012 contro la Germania, miglior partita della gestione Prandelli. L’Italia arriva al Mondiale non figurando tra le prime quattro-cinque favorite. La speranza è che un’eventuale eliminazione il traguardo minimo dei quarti di finale possa essere vissuta con rammarico, e non con la sgradevole sensazione di essere andati oltre i propri limiti.