Fabio e l’inizio da brividi

Fabio Fazio è scaramantico, come quasi tutti i protagonisti del mondo dello spettacolo. Impossibile allora pensare che il conduttore savonese non sia stato percorso da un fremito duante i primi 20’ del suo quarto Festival di Sanremo: tra sipari che non salgono e minacce di suicidio, ce n’è abbastanza per trascorrere una notte insonne in attesa dei dati d’ascolto. Ma la prova è superata, perché il padrone di casa dell’Ariston se l’è cavata: ingresso in scena anticipato per mascherare l’imprevisto tecnico, e litri di sangue freddo per tenere a bada il fuoriprogramma già sufficiente a mandare agli archivi come storica l’edizione 2014. Del fatto in rete si parla già pochi minuti dopo il lieto fine: due operai del Consorzio del Bacino di Napoli e Caserta, senza stipendio da 16 mesi, sono riusciti ad arrampicarsi sui loggioni del teatro, minacciando il gesto estremo se Fazio non avesse letto il loro grido d’aiuto rivolto allo Stato. Una scena che ha ovviamente ricordato quella analoga del 1993, quando Pippo Baudo si immolò per persuadere il disperato.

 

Ligabue e Cat Stevens: brividi all’Ariston

Le malignità si sprecano, ma detto che rimane un mistero come i due uomini abbiano potuto salire l’impalcatura nel disinteresse più totale, non è certo possibile mettere in discussione la drammaticità di quei momenti, che hanno interrotto il monologo introduttivo sulla bellezza, filo conduttore di Sanremo 2014. Recuperata la calma, finito il monologo e letta la lettera (erano tre pagine, ma Fazio ne ha letta solo una…), Ligabue ha aperto ufficialmente le danze con l’atteso omaggio a Fabrizio De Andrè interpretando alla perfezione “Creuze de ma’”. Il problema è che si è trattato del momento più alto della serata, insieme alla partecipazione di Yusuf Cat Stevens, capace di meritarsi ben due standing ovations, la seconda dopo la magistrale e toccante interpretazione di “Father And Son”.

 

L’imbarazzante spettacolo di Laetitia

Molto meno convincente è stato il resto dello spettacolo, lento, e troppo lungo, e non solo per il fuoriprogramma iniziale, e privo di vitalità: si è finito all’una di notte, e niente presentazione degli otto giovani, con sigla finale subito dopo l’esibizione di Giusy Ferreri, a mezzanotte e mezza! È vero che anche un anno fa la prima serata fu quella delle prove generali, ma a parte la solita verve di Luciana Littizzetto, anche alla conduzione di Fazio è mancato il ritmo e la vitalità. Dimenticabile in particolare il lungo siparietto con Laetitia Casta: quindici anni sono passati tutti, per Fabio e per l’attrice-modella francese, parsa appesantita e a tratti imbarazzante nei duetti inscenati con il presentatore, e nel goffo balletto di “Ma ‘ndo Hawaii”. Tra il francese incomprensibile di Fazio, e il balletto stile Bagaglino di Laetitia, si poteva lascia perdere. Molto meglio Raffaella Carrà, nonostante il playback di “Chao Chao Ciao”, il singolo del suo nuovo album.

 

Per fortuna ci sono le canzoni

Nel complesso buona la qualità delle canzoni, anche se la sensazione è che la ricerca della qualità a tutti i costi abbia penalizzato la fruibilità immediata dei brani. L’esperimento del doppio brano sottoposto al giudizio immediato del televoto, pur mixato con la Giuria Stampa, ha poi creato qualche situazione ambigua come lo scorso anno: tanto Arisa quanto soprattutto Frankie Hi-Nrg si sono visti infatti eliminare il pezzo più forte, rispettivamente “Controvento” e “Un uomo è vivo”, anche se meno sanremese. I migliori giudizi della serata vanno comunque a Cristiano De Andrè e Giusy Ferreri: il figlio del grande Faber, esibitosi nel giorno in cui il padre avrebbe compiuto 74 anni, ha commosso il pubblico con il dialetto di “Invisibili”, ma incomprensibilmente ad andare avanti è stato “Il cielo è vuoto”, canzone di gran qualità e interpretazione, ma anch’essa molto sanremese. Più che possibile outsider, al pari dei due brani di Giusy, l’unica a mettere davvero in imbarazzo nella scelta, e destinata a fare molta strada con “Ti porto a cena con me”. Bene anche Antonella Ruggiero con “Da Lontano”, orecchiabili i Perturbazione in “L’Italia vista dal bar”, mentre delude, e molto, Raphael Gualazzi con The Bloody Beetroots: fiacco lo swing, e fallito il tentativo di portare il re del jazz nel mondo del rock. Si riparte domani, con i primi quattro giovani. Possibilmente prima di Uno Mattina.