Ron: al Festival di Sanremo otto anni dopo
In nome dell’indimenticato amico Lucio Dalla, ma pure dell’immortale cantautorato italiano. Ha destato un po’ di sorpresa la presenza di Ron tra i 14 Campioni del Festival 2014, con i brani “Un abbraccio unico” e “Sing in the rain”: perché il popolare Rosalino Cellamare, assente al Festival dal 2006, non era stato inserito dalla stampa tra quelli dei papabili partecipanti, e perché il suo nome da qualche tempo era uscito dai radar delle ultime produzioni musicali. Insomma, in apparenza niente di più lontano da quella contemporaneità che Fazio ha sventolato come parola-chiave della 64^ edizione. Ma si tratta, appunto, solo di un giudizio superficiale, visto che tutto si può dire della musica di Ron meno che non sia contemporanea. Di musica di qualità Ron ne sforna in quantità da ormai oltre quarant’anni, al punto che, con le sue 62 primavere, siamo di fronte al cantante meno giovane di quest’edizione, e di tutte le quattro edizioni dell’era Fazio.
Da “Piazza Grande” al successo sanremese
In sostanza, Ron potrebbe essere il padre di Renzo Rubino o di Raphael Gualazzi, eppure quando si presenterà sul palco dell’Ariston lo farà sicuramente con la stessa leggerezza di quel 1969, quando a 17 anni stupì tutti, in coppia con un’altra teenager come Nada, per le qualità vocali mostrate in “Pa’ diglielo a Ma’”, brano che svelò il talento di un cantante la cui storia musicale negli anni a venire si sarebbe sviluppata in modo contraddittorio, visto che al tiepido successo del primo album, Il bosco degli amanti (1973), seguì il silenzio di un lustro, a metà dei ’70, quando, non riuscendo a trovare la chiave giusta per sfondare, Ron si dedicò al cinema. Una parentesi, cui seguì l’affermazione avviata all’inizio degli anni ’80 in coincidenza con la scelta dello pseudonimo che l’avrebbe reso famoso, e col trionfo al Festivalbar con l’efficace “Una città per cantare”. Un trionfo tanto come paroliere, con diversi successi regalati agli amici Gianni Morandi (sua “Mariù”, che segnò il ritorno sulle scene del cantante bolognese a Sanremo 1980), e soprattutto Lucio Dalla, per cui dopo “Piazza Grande” (1972), Ron scrive “Attenti al Lupo” (’90), che come interprete, con la struggente “Angelo” del 1994, e con la suggestiva “Stelle” (1997), un anno dopo il trionfo sanremese, quando in coppia con Tosca, Ron seppe sbaragliare la concorrenza con “Vorrei incontrarti tra cent’anni”, dolce ballata in cui le due voci seppero mescolarsi al meglio toccando le corde del cuore di giurie ed ascoltatori.
“Way out” e la svolta americana
Fu quello il picco più alto di una carriera che lo avrebbe poi visto partecipare per altre due volte al Festival, l’ultima delle quali proprio nel 2006 con “L’uomo delle stelle”, pezzo in pieno stile Ron, a metà tra sogno e romanticismo, ma che non trovò il meritato riconoscimento. Nei cinque anni successivi, Ron si è dedicato a qualche sfortunata esperienza televisiva (figurava tra i giudici di Star Academy, talent di Rai Due del 2011 tagliato dopo poche puntate), ma soprattutto ad importanti collaborazioni con cantanti americani, che hanno portato alla produzione di “Way out”, il 24° album della carriera, composto da 12 cover di cantautori angloamericani: a questo si ispira “Sing in the rain”. Che potrebbe rappresentare l’ennesimo graffio di qualità di una carriera infinita.
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