Tutti i dubbi della doppia interpretazione
C’era attesa per scoprire che effetto avrebbero fatto le doppie interpretazioni a Sanremo 2013: era dal 1971 che ogni cantante non si esibiva in due brani, con l’ovvia novità dell’eliminazione del meno votato, imposta dall’attualità. Lo sforzo dei cantanti e soprattutto della produzione artistica, che ha dovuto selezionarli, oltre che dell’orchestra, è stato immane ma il “verdetto” non è esaltante: la sensazione infatti è che si sia trattato essenzialmente di una mossa se non pubblicitaria quantomeno votata a favorire i cantanti stessi, e le rispettive case discografiche. Quasi tutti gli interpreti infatti hanno un album in imminente uscita e presentando due pezzi ciascuno ha potuto reclamizzare una bella parte del proprio modo di vedere la musica: insomma il vecchio 45 giri con il lato a e b, come ha ammesso lo stesso Fazio in avvio di serata. Peccato però che in alcuni casi la differenza fosse troppo evidente tra un brano tipicamente festivaliero ed uno di rottura, inedito o quasi per il percorso del cantante. A svelare i nomi delle canzoni “qualificate” sono stati i sette “presenters” annunciati alla vigilia anche se le modalità del loro ingresso non hanno convinto appieno: commossa la partecipazione di Marco Alemanno, dimenticabili quelle di Flavia Pennetta, delle sorelle Parodi, di Vincenzo Montella e di Stefano Tempesti, molto apprezzabili ma solo sul piano estetico Ilaria D’Amico e Valeria Bilello. In generale, tutte presenze impacciate e troppo brevi per incidere. Così come troppo breve è stato il tempo concesso al pubblico per votare: come si può aprire e chiudere in cinque minuti un televoto su brani completamente inediti? Perché non lasciare tempo fino a fine serata e poi svelare i verdetti? E poi come si fa a chiedere al cantante stesso, come ha fatto Fazio, quale canzone preferisce? I cantautori sono stati sinceri, chi le canzoni se l’è trovate scritte è rimasto sul vago: impensabile che si potesse bocciare a priori un brano scritto da altri. E se poi ad andare avanti fosse stato proprio quello? Insomma tante scelte discutibili anche se quasi sempre sono state premiate le canzoni migliori. Vediamo come è andata.
Canzoni qualificate alla terza serata
- Marco Mengoni: L’essenziale“ (eliminata: “Bellissimo“)
- Raphael Gualazzi: “Sai (ci basta un sogno)” (eliminata: “Senza ritegno“)
- Daniele Silvestri: “A bocca chiusa” (eliminata: “Il bisogno di te“)
- Simona Molinari-Peter Cincotti: “La felicità (eliminata: “Dr Jekyll e Mr. Hyde“)
- Marta sui Tubi: “Vorrei“ (eliminata: “Dispari” )
- Maria Nazionale: “E’ colpa mia“ (eliminata: “Quando non parlo“)
- Chiara Galiazzo: “Il futuro che sarà“ (eliminata: “L’esperienza dell’amore“)
Prima serata: i video delle canzoni qualificate
Voti: Gualazzi sopra tutti, poi Silvestri
Giudicare canzoni inedite dopo il primo ascolto è notoriamente difficile, ma la qualità generale è balzata subito in evidenza. Su tutti spicca Raphael Gualazzi, almeno un gradino e mezzo sopra al resto della concorrenza della prima serata: due brani propri e di ottima fattura dal punto di vista della musica e delle parole, anche se diversi, con il primo, “Senza ritegno“ (6.5), classica canzone d’amore poco nelle corde di Raphael, strepitoso invece nella delicata performance jazz voce-piano di “Sai (ci basta un sogno)“ (8): podio quasi certo. Ottima anche l’impressione lasciata da Daniele Silvestri, ma a metà: bella “A bocca chiusa” (7.5), ballata politica che si è avvalsa dell’aiuto di un interprete della lingua dei segni e che sembra già pronta per aggiudicarsi il Premio della Critica con quella strofa cantata a bocca chiusa, molto meno convincente “Il bisogno di te” (5.5), una brutta copia di Salirò: ma i tormentoni non riescono sempre e quel “Non ti lascio solo” ripetuto all’ossessione non ha sfondato.
Sorpresa Molinari-Cincotti
Ma se la qualità degli interpreti lasciava ben sperare nei due casi suddetti, una gran bella sorpresa sono stati Simona Molinari e Peter Cincotti: la strana e bella, in tutti i sensi, coppia è sembrata avere un feeling naturale sul palco ma al di là delle voci gossippare che già impazzano, vale la pena sottolineare il perfetto mix tra le due voci ed i due stili musicali, emerso tanto nella delicata “Dr Jekyll e Mr. Hyde” (6.5), un omaggio a Lelio Luttazzi non privo però di qualche imprevista stecca di Simona, ma soprattutto nel brano swing-folk “La felicità” (7), una canzone davvero ben confezionata che sembra avere tutto per sfondare in radio, nelle vendite ma pure nella classifica del Festival.
Sanremo 2013: Molinari-Cincotti in La felicità
Ex talent: Chiara non graffia, delude Mengoni. Marta sui Tubi: passa la canzone “sbagliata”
Un gradino sotto Chiara Galiazzo: la vincitrice di X Factor è stata l’ultima ad esibirsi. Deludente “L’esperienza dell’amore” (5), scrittale dai fratelli Zampaglione ma debole a livello di testo ed inadatta a sprigionare le vere tonalità della cantante padovana, molto meglio “Il futuro che sarà“ (6.5) di Francesco Bianconi, testo tipicamente baustelliano che sembra destinato a portare Chiara abbastanza in alto in classifica, anche se la vittoria dovrebbe rimanere un sogno. Forse il salto sanremese è stato troppo anticipato. Buona anche la performance di Maria Nazionale: tra le sue due canzoni ha prevalso “E’ colpa mia” (6.5), struggente ballata cantata in parte in dialetto napoletano e scrittale dalla coppia Avion Travel Servillo-Mesolella ma molto bella, per non dire superiore, era parsa anche “Quando non parlo“ (6.5) di Enzo Gragnaniello: in generale, doppia interpretazione troppo demodè. Di rottura e nicchia il rock progressivo dei Marta sui tubi, “vittime” forse dell’unico abbaglio delle votazioni, commentato anche con scene di imbarazzo da parte dei ragazzi: prosegue infatti “Vorrei“ (6) ma “Dispari” (7) era parsa molto superiore a livello di testo, messaggio, interpretazione e difficoltà. Infine la vera delusione, Marco Mengoni: il ragazzo sembra essersi smarrito. Poco entusiasmanti le sue performance: la prima, “L’Essenziale” (5.5), è quella che ha vinto il ballottaggio, molto mengoniana ma Marco sta diventando schiavo del suo personaggio tra grida e mossette. Bocciata invece “Bellissimo” (6), scrittagli da Gianna Nannini, che in verità sembrava migliore e che era un tentativo di portare il cantante laziale su binari più tradizionalmente pop e meno virtuosi, diversi dalla sua casa madre. Il pubblico però conosce l’altro Marco Mengoni, e così ha deciso: anche se i tempi degli esordi sembrano lontani.
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