Doveva essere la giornata della gioia e dell’orgoglio per lo sport italiano, con tre medaglie a confortare un bilancio fin qui esaltante. Ed invece diventa il giorno della rabbia e dello sconforto. Ma soprattutto dell’incredulità. La notizia arriva nelle redazioni poco dopo le 19 ed è una mazzata: il Coni ha bloccato Alex Schwazer alla partenza per Londra. Motivo: positività al doping. Epo. Subito pensi ad un errore, che non può essere possibile: un atleta perfetto e puntiglioso come Schwazer, oltre tutto già super-competitivo, non può rifugiarsi in simili vergogne. Ma si tratta solo di speranze, spazzate via dall’ammissione che lo stesso marciatore affida entro pochi minuti all’Ansa: “Mi sono dopato, lo ammetto. Volevo essere più forte, ma ho sbagliato e pagherò giustamente. La mia carriera è finita”. Il controllo, a sorpresa, risale al 30 luglio ad Oberstdorf. Nell’arco di un’ora si passa dal possibile oro olimpico alla fine di tutto. E’ incredibile ma vero. Tu, quoque, Alex.
Choc
Che delusione per il presidente Petrucci, che chiude il mandato non tanto senza una medaglia quasi sicura ma con una spina nel cuore difficile da togliere. Ma che delusione per tutto lo sport italiano, praticanti ed appassionati. Quattro anni dopo Rebellin, che a Pechino conquistò un argento poi confiscato dalla giustizia, la storia si ripete. E conta poco il fatto che la medaglia in questo caso non fosse ancora arrivata. Schwazer era un simbolo dello sport italiano, l’unico rappresentante dell’atletica quasi sicuro di andare a medaglia. Ma soprattutto era il simbolo della pulizia, dell’allenamento preciso e meticoloso, del no alle scorciatoie. Paga un attimo di follia, ma imperdonabile e soprattutto ingiustificabile. Un attimo di follia che gli costa la fine di tutto, della gloria, di molte amicizie e della cascata di denaro che gli veniva dai tanti contratti pubblicitari. Evidentemente Schwazer aveva perso le sue certezze, ma forse a ripensarci Alex non era più l’atleta di Pechino: i quattro anni successivi sono trascorsi tra risultati deludenti e propositi di ritiro fino alla decisione di lasciare la storica guida di Sandro Damilano per affidarsi alle cure di Michele Didoni, il nuovo tecnico già avvisato di tutto, pure del ritiro immediato di Alex, e che si è già dichiarato “tradito” dall’allievo. Ora si spiegano, nel peggiore dei modi, tante cose: il rifiuto improvviso alla 20 km, quel suo isolarsi da tutto e da tutti, come rivelato dall’ex amico Rubino. Da qui la decisione di ricorrere ad un aiuto inaccettabile, che ne infanga una carriera e la chiude nel peggiore dei modi. Ed anche questa valutazione, quella di non voler aspettare neppure la scontata squalifica, fa capire fino in fondo che il vero Schwazer non è quello dei sotterfugi. Ma ora è troppo tardi. E la gioia italiana è già evaporata.
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