Brava, e grazie, lo stesso. L’inimitabile carriera di Josefa Idem si chiude senza l’ultima gemma: dopo sedici anni la canoista italo-tedesca scende dal podio del K1 500 metri, occupato ininterrottamente da Atene a Pechino grazie a due medaglie d’argento e ad un bronzo. La quinta posizione nell’ennesima finale di Josefa sa un po’ di beffa per quella distanza di 7 decimi dal podio: un divario che in altre circostanze potrebbe essere considerato netto ma che partendo dai vent’anni che in media separano la Idem dalle altre finalista si trasforma in qualcosa di simile ad un’impresa. Ma in fondo si trattava di una finale e pur dopo l’incredibile performance in semifinale Idem partiva con il settimo tempo, pertanto anche solo avvicinare il podio è stato fenomenale. Partita come sempre lentamente, Josefa ha cominciato la sua consueta progressione ai 300 dall’arrivo, ma questa volta il “calcolo” è stato sbagliato per un soffio: messo nel mirino il terzo posto della sudafricana Bridgitte Hartley, visto che le prime due, l’ungherese Danuta Kozak, poi medaglia d’oro, e l’ucraina Inna Osypenko-Radomska, argento, avevano fatto da subito corsa a sé, la Idem ha pagaiato punta a punta con l’avversaria per qualche metro riuscendo pure a sopravanzarla a 150 dalla fine ma all’ultima boa Josefa ha parzialmente e fatalmente ceduto, finendo addirittura quinta dietro alla svedese Paldanius. A bordo bacino Josefa non ha tradito un pizzico di delusione, tipica dei vincenti. Ma in maniera altrettanto ferma ha ammesso che la favola questa volta è davvero infinita, la carriera s’interrompe dopo ventotto anni al vertice. Si scende dalla canoa e da oggi in poi si potrà parlare di leggenda. Anche senza lieto fine.