
Wayne Rooney, stella dell’Inghilterra
Inghilterra ai Mondiali Brasile 2014, la Premier corre. La Nazionale no
Se in Italia ci flagelliamo una settimana sì e l’altra pure parlando del livello medio del prodotto calcistico, simboleggiato da un campionato senza storia e dalle figuracce assortite nelle Coppe, la consolazione viene da chi sta peggio. Nonostante una Lega interna molto più appetibile e ricca. L’Inghilterra calcistica si affaccia con preoccupazione, mista a rassegnazione, alla 14^ fase finale di un Mondiale, su venti edizioni complessive. Un ruolino da grande assoluta, considerando anche che gli inventori del gioco non presero parte alle prime tre edizioni in virtù di quell’incrollabile superiority complex poi beffardamente smentito dai risultati, che hanno visto i Tre Leoni capaci di arrivare tra le prime quattro in appena due occasioni, nella vittoria casalinga del 1966, tra mille polemiche, e a Italia ’90, quando il sogno della finale si spezzò nell’errore dal dischetto di “Psycho” Pearce a Torino contro la “solita” Germania. Ma se quelli erano gli anni del calcio inglese tutto palla lunga e pedalare, le proporzioni della crescita zero del movimento calcistico inglese trovano spiegazione nel fatto che nessun progresso si è registrato nei tempi moderni, quelli di una Premier a lungo considerato il campionato più bello del mondo, grazie all’invasione di stranieri provenienti da ogni parte del mondo, e così anche per gli allenatori.
La mission impossible di Mr. Hodgson
Ma in fondo la causa della crisi sta proprio qui, nel fatto che a regalare lo spettacolo sono proprio i fuoriclasse argentini, francesi, olandesi o spagnoli, lasciando solo le briciole al movimento interno. Così laddove non riuscì Fabio Capello ci proverà Roy Hodgson, c.t. non certo amato dai calciofili anglosassoni, consapevoli però che all’ex allenatore di Inter e Udinese non si potrà chiedere alcun miracolo. Perché tale appare la sola idea di provare a superare la fase a gironi, obiettivo sempre riuscito all’Inghilterra a parte che nel 1958, ma che in Brasile appare oltre le possibilità di Rooney e compagni, chiamati a fare meglio di Uruguay e Italia. Un’impresa ai limiti dell’impraticabile, visto il poco mostrato nel girone di qualificazione, quando l’ormai consueto duello con l’Ucraina si è risolto sul filo di lana a favore degli inglesi, trascinati dai gol di Rooney, Lampard e Welbeck, autori di 15 delle 31 reti complessive messe a segno.

Roy Hodgson,ct Inghilterra
Inghilterra ai Mondiali 2014: le stelle della squadra
Tre nomi non casuali, bensì gli unici, insieme a quello di capitan Gerrard, in grado di reggere il confronto sul piano tecnico con i grandi nomi di Uruguay e Italia. Per i due centrocampisti sarà l’ultimo Mondiale, ma pur in possesso di classe e carisma, non si potrà chiedere loro di tappare le tante lacune che pervadono il resto della rosa, alle prese con ruoli drammaticamente scoperti proprio dal nulla offerto dal campionato. A partire dal nodo del portiere, insoluto ormai dai tempi di Shilton, anche se le titubanze di Hart stanno facendo rimpiangere anche il peggior Seaman. Fino ai limiti di una difesa in cui si è provato fino all’ultimo a riportare John Terry, fuori dal giro per propria volontà da ormai due stagioni, dopo le accuse razziste poi rientrate. Il suo compagno al Chelsea Cahill è ancora alla ricerca di un partner affidabile, mentre sono ormai stati interrotti i tentativi di apportare qualità ad un centrocampo pieno di portatori d’acqua, da Carrick a Henderson, ma privo di fosforo e fantasia. Tutti appesi al genio di Rooney, chiamato a fare pentole e coperchi in attesa che Hodgson sciolga il dubbio di quale sia il compagno d’attacco ideale tra lo stesso Welbeck, Sturridge o il vecchio Lambert. Non l’ideale per chi si troverà di fronte Balotelli, Suarez e Cavani.
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