
Edinson Cavani e Luis Suarez
64 anni dopo l’impresa – Uruguay ai Mondiale 2014
La notizia è che di partite al Maracanà la Celeste non dovrà giocarne, almeno nella prima fase. Per sfortuna dei tifosi uruguaiani, e fortuna di quelli brasiliani. Perché anche se sono passati 64 anni, e con ogni probabilità nessuna tra le migliaia di persone che hanno comprato i biglietti era presente sulle tribune nel 1950, è pressoché certo che amici, nipoti e bisnipoti si siano fatti spiegare nei dettagli quanto successo in quel 16 luglio, e soprattutto le sue conseguenze. Incredibilmente tragiche per la popolazione brasiliana, che vide la sconfitta in finale nell’unico mondiale casalingo come un vero e proprio lutto, e storiche per il calcio uruguaiano, che quel giorno ottenne il secondo titolo mondiale della sua storia, eguagliando l’Italia al comando dell’albo d’oro. Il sogno di guardare tutti dall’alto sarebbe durato per altri vent’anni, quando il Brasile portò a tre le corone iridate, ma qualunque sportivo verdeoro risponderebbe sì alla proposta di cambiare uno qualunque dei cinque titoli conquistati con quello del 1950. Uno scenario sufficiente per dimostrare come nonostante la vera rivalità brasiliana sia quella con l’Argentina, l’Uruguay venga considerato al pari della kriptonite per il calcio brasiliano. Perché le occasioni per la rivincita al Mondiale non sono mancate, ma quasi sempre sono andate male. E comunque quell’onta rimarrà per sempre. Un’onta più psicologica, figlia del fatto che i cugini poveri avessero osato “sfregiare” il tempio del calcio, più che tecnica, visto che non ci sono dubbi sul fatto che quello Campione nel 1950 sia stato l’Uruguay più forte di tutti i tempi. Basta scorrere il tabellino dei marcatori, comprendente i nomi di Alcides Ghiggia e Juan Alberto Schiaffino, per molti il più forte regista della storia del calcio. Eccellenze pure, che relegano l’attuale gruppo uruguaiano solo al secondo posto.
L'”amico” Brasile – Mondiali Calcio
Niente male, comunque, per una squadra che solo nel 2010 è riuscita a riemergere dalle secche in cui era precipitata nei bui anni ’70, trascorsi all’insegna della totale mancanza di talenti e della delusione della mancata qualificazione al Mondiale ’78, prima edizione a disputarsi in Sudamerica dopo quella di 28 anni prima. Seguì un ventennio in cui la nazionale uruguaiana si stabilizzò su livelli lievemente migliori, ma ben distante dai vertici, nonostante le tre storiche affermazioni contro il Brasile nel Mundialito 1980, e nella doppia finale di Coppa America ’83 e ’95. Nelle tre finali di Montevideo la Seleçao è sempre stata costretta ad abbassare il capo, piegata dal talento di Enzo Francescoli, uno il cui nome ha ispirato Zinedine Zidane che ha battezzato così uno dei suoi figli, e che avrebbe meritato di togliersi una soddisfazione anche al Mondiale, negatagli dall’Italia che nel 1990 fermò nei quarti di finale la corsa della Celeste di Oscar Washington Tabarez. Una pia illusione di un ritorno nell’élite, per la quale si dovette aspettare altri vent’anni. Trait d’union tra le due ere calcistiche la presenza in panchina di chi non a caso è ribattezzato Maestro, per le capacità tattiche e motivazionali mostrate in una carriera lunghissima, che ai tanti successi di club, mancati solo nell’infelice parentesi al Milan.

Oscar Washington Tabarez
Uruguay 2014: le stelle della squadra
Così quello che si presenterà in Brasile sarà un’Uruguay forte del titolo di potenza guida del calcio sudamericano, conquistato sul campo negli ultimi quattro anni, grazie alla semifinale con quarto posto a Sudafrica 2010 e alla vittoria in Coppa America 2011, in Argentina. Un trionfo atteso 16 anni, e che fa della Celeste una mina vagante al Mondiale, nonostante gli ultimi 24 mesi da incubo. Le difficoltà a ottenere la qualificazione, infatti, hanno sorpreso tutti, Tabarez in testa, alla luce anche dell’organico a disposizione. Un organico forte della coppia di attaccanti potenzialmente migliore del mondo, composta da Luis Suarez e Edinson Cavani, con la chioccia Forlan nei panni di leader, per un trio da quasi 100 gol in Nazionale. Ma una coppia evidentemente male assortita, se è vero come è vero che l’exploit del 2010 fu ottenuto col Matador isolato sulla fascia, prima della trasformazione in attaccante centrale, oltre che vittima della totale assenza di talento del resto della squadra, che tra i faticatori Perez e Gargano incarna le caratteristiche storiche del calcio uruguaiano, tutta corsa e agonismo. Per questo considerando anche che le difficoltà che arriveranno dal dover giocare nell’inferno climatico di Manaus potrebbero rivelarsi devastanti per una delle squadre dall’età media più elevata, nessuno dalle parti di Montevideo guarda oltre la prima fase. Mettersi alle spalle una tra Italia e Inghilterra significherebbe poter sfidare la Colombia agli ottavi. A quel punto il piano vedrebbe la sfida al Brasile nei quarti. Dove entrerà in ballo la storia.
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