Un ciclo(in)finito – Spagna ai Mondiale 2014

Anche i cicli più lunghi e spettacolari, come è stato quello della Spagna, sono destinati a finire. La prima spia è emersa in Confederations Cup, dove tra atteggiamenti poco professionali e una condizione atletica impresentabile non si è visto nulla dello squadrone che domina in Europa e nel mondo da cinque anni, e che prima di straperdere la finale contro il Brasile era imbattuta da 29 partite ufficiali consecutive. La feroce aggressività dei verdeoro, che interpretarono quella competizione come un vero Mondiale, devastò il proverbiale tiki taka spagnolo. Che sia questo l’antidoto per porre fine all’egemonia? Lo dirà il Mondiale, anche se quella Spagna è stata troppo brutta per essere vera, ed il sospetto che la prima spedizione brasiliana sia stata affrontata al pari di una prova generale rimane molto alto. Basta vedere la tranquillità con cui Del Bosque e i suoi ragazzi hanno affrontato gli impegni successivi, quelli che li hanno portati a raddrizzare un girone di qualificazione messosi in salita dopo il pareggio interno contro la Francia. È ovviamente ancora poco per parlare di Spagna ritrovata, al pari delle ultime amichevoli vinte passeggiando, e anzi è certo che la naturale usura anagrafica e motivazionale del gruppo renda impossibile assistere per la quarta volta allo spettacolo della macchina perfetta vista dal 2008 in avanti, ma è altrettanto certo che quando il gioco si farà duro la vecchia Spagna tornerà a ruggire, e che la strada per la successione dev’essere ancora tracciata.

Dalle Furie Rosse al tiki taka – Mondiali di Calcio

Ecco allora che un girone tutt’altro che morbido, con l’Olanda avversaria della finale in Sudafrica e il temibile Cile, potrà paradossalmente fare bene a Xavi e compagni, chiamati subito a entrare nel clima giusto della competizione. E se anche le motivazioni venissero meno, la maggior parte del gruppo storico presente da sei anni riuscirà a trovarne tre niente male: la prima è quella di diventare la prima Nazionale europea capace di vincere in Sud America, mentre la seconda è di eguagliare il Brasile di Pelè, unico in grado di vincere due Mondiali consecutivi. Ma soprattutto Xavi e compagni hanno la possibilità di rendere omaggio alla memoria di Luis Aragones, recentemente scomparso, già commemorato con palpabile commozione nell’amichevole contro l’Italia dello scorso 5 marzo. All’ex bandiera dell’Atletico Madrid, infatti, commissario tecnico del trionfo europeo 2008, laddove “tutto ebbe inizio”, è universalmente riconosciuto il merito di aver trasformato nella sostanza il calcio spagnolo, dall’era delle Furie Rosse, in cui il sostantivo già esprimeva il concetto che l’agonismo e la frenesia erano superiori alla tecnica, a quello appunto del tiki taka, capace di riscrivere la storia del calcio, grazie anche alla motivazione dei giocatori del Barcellona, zoccolo duro della super Spagna, di dimostrare di saper vincere e rivincere anche senza il totem Messi, parso anzi molto più sperduto nell’Argentina senza i compagni di club, piuttosto che il contrario. Tutto iniziò in maniera quasi casuale, come molte delle leggende dello sport, per la necessità di far convivere le tante mezze ali del periodo storico, da Senna a Xabi Alonso, fino agli stessi Xavi e Iniesta. Nacque così nel 2008 la leggenda di una squadra che seppe fare del possesso palla un’arte, mai fine a se stessa, ma volta al contrario a sublimare quel concetto dello “spazio come centravanti”, utile per supplire all’assenza di un numero 9 all’altezza della situazione dopo l’eclissi di Torres, e destinato poi a rendere storia l’avventura del Barcellona di Guardiola, dichiarato estimatore di Aragones.

Diego Costa

Diego Costa

Spagna al Mondiale 2014: le stelle della squadra

Oggi molti avversari, Italia compresa, hanno sviluppato discrete contromisure per arginare il tiki taka, ma la traccia della Spagna rimarrà questa anche in Brasile. Il c.t. è comunque consapevole che il genio di Xavi è entrato nella parabola discendente, ma non si preoccupa. Logico per chi ha la possibilità di attingere al bacino delle Nazionali giovanili, che sembrano poter garantire un’altra era di trionfi, e per chi non ha avuto remore nello sfruttare la possibilità di rinfrescare il gioco grazie all’oriundo Diego Costa. Ecco allora che, a proposito di motivazioni, quella che animerà il centravanti brasiliano di nascita, deciso a far pagare alla sua patria la modesta considerazione concessagli, rappresenta un altro motivo per non sottovalutare la Spagna, che nel colosso dell’Atletico Madrid pare poter trovare una preziosa variante al proprio gioco, garantita da un centravanti completo e moderno, utile alla squadra come lo juventino Llorente, “incompreso” da Del Bosque, ma più bravo nell’attaccare la profondità. L’attaccante bianconero si giocherà l’altro posto da centravanti con Soldado e Negredo. Due numeri nove bastano e avanzano per chi può contare sui numeri di Mata e Pedro. La Spagna insomma non è immobile. Chi non ci crede dovrà subire il peso di una leggenda vivente.