Nigeria ai Mondiali, vent’anni dopo…
Partire a fari spenti. Era questa la missione della Nigeria per Brasile 2014. Lasciare le attenzioni del caso, e il peso della responsabilità di portare in alto l’onore del continente, alla Costa d’Avorio di Drogba e al Camerun di Eto’o. Anche perché nell’organico delle Aquile non ci sono simili prime firme, né attaccanti di livello mondiale. Ma a “rovinare” il piano è arrivato l’exploit alla Coppa d’Africa 2013, in parte inatteso, che ha riacceso i riflettori sui biancoverdi oltre vent’anni dopo quei ricordi datati 1994, anno forse irripetibile in cui la Nigeria seppe guadagnarsi una vetrina mai vista prima, grazie al successo in Coppa d’Africa prima e a un Mondiale da protagonista dopo, il primo nella storia dei biancoverdi, quarta squadra diversa a guadagnarsi l’accesso alla fase finale del torneo iridato. Dopo anni trascorsi all’inseguimento del Ghana, potenza incontrastata del continente nero negli anni ’80, d’improvviso il calcio nigeriano riuscì a farsi strada sfruttando al meglio le proprie caratteristiche, quelle di un mix tra tecnica e fisicità impersonato da giocatori come Finidi George, o il compianto Rashidi Yekini, autore dello storico primo gol mondiale, senza dimenticare Sunday Oliseh, poi protagonista a lungo della Serie A, o Emmanuel Amunike. Con in panchina la sagacia tattica del c.t. olandese Clemens Westerhof, le Aquile riuscirono nell’impresa di eliminare, salvo poi fermarsi agli ottavi in una storica sfida contro l’Italia. Pagine e pagine sono state scritte su quel pomeriggio di Boston, in cui la Nigeria andò ad un passo dallo scrivere una delle pagine più nere del calcio azzurro, prima di essere punita da una prodezza di Roberto Baggio, e crollare ai supplementari.
Campioni d’Africa, con la forza dei giovani
Ma se da quell’episodio l’Italia trasse linfa vitale per volare fino in finale, la Nigeria subì l’effetto contrario. Mai più, infatti, il calcio locale è riuscito a ripetere quei risultati in termini di gioco e competitività di squadra, neppure quattro anni dopo in Francia, nonostante il bis degli ottavi di finale, dove questa volta le Aquile furono travolte dalla Danimarca. Da lì, un crollo progressivo, di talenti naturali ma anche di organizzazione complessiva, durato 15 anni, durante i quali il calcio nigeriano è sembrato perdere anche la capacità di produrre talenti. Non a caso si contano solo due qualificazioni alle fasi finali di un Mondiale, nel 2002 e nel 2010, ma con un bilancio emblematico, di zero vittorie e quattro sconfitte su sei partite. Insomma, il mondo s’è fermato in America, per riprendere a girare solo nel gennaio 2013 in Burkina Faso, sede di una Coppa d’Africa vinta a sorpresa nella finale contro i padroni di casa, ma dopo aver battuto nei quarti la corazzata Costa d’Avorio. Sul piano tecnico e dell’esperienza il confronto non regge, ma è stata proprio la freschezza atletica a far trionfare la squadra del c.t. Stephen Keshi, che era in campo nel cuore del centrocampo in quel pomeriggio di Boston, e che forse proprio per questo è riuscito a ricreare lo spirito giusto fuori dal campo e l’organizzazione ideale all’interno del terreno di gioco, sostenuta comunque dall’ottimo lavoro effettuato dalla Federazione a livello giovanile, storica fucina del calcio nigeriano. Non a caso aveva portato gran parte della squadra poi campione continentale a ben figurare al Mondiale Under 20 di due anni prima, eliminata solo ai quarti dalla Francia.
Nigeria ai Mondiali 2014: le stelle della squadra
Nell’organico di Keshi non ci sono stelle di prima grandezza: non lo è la stella del centrocampo Obi Mikel, rincalzo al Chelsea, non lo è il pur bravo Ahmed Musa, anarcoide mezzala del Cska Mosca, e neppure Victor Moses, meteora al Chelsea post-titolo europeo, e poi riciclatosi al Liverpool con risultati buoni, ma mai eccellenti. A non mancare mai però è la voglia di pressare e di combattere su ogni pallone, simboleggiata dalla gioventù del laziale Eddy Onazi, ingredienti di un calcio prettamente europeo, ma che Keshi è riuscito a far esprimere a tempi di record a una squadra che in Brasile proverà a giocarsi con la Bosnia il secondo posto di un girone completato dall’Iran, ma che dovrebbe essere dominato da quell’Argentina che quindi torna sulla strada delle Aquile. Che forse non riusciranno più a volare come nel 1994, ma che vorranno difendere con i denti e legittimare sul campo un primato continentale appena riconquistato.
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